domenica 13 dicembre 2009

9. Le fonti della teologia morale

Le fonti della teologia morale sono le stesse dell'intera teologia, che sono oggetto di studio della teologia fondamentale.
Esse sono:

9.1. Sacra Scrittura e Tradizione

Fondamento perenne della teologia morale è la Rivelazione divina.
Il Concilio Vaticano II afferma che «la Sacra Teologia si basa, come su un fondamento perenne, sulla parola di Dio scritta, insieme con la Sacra Tradizione, e in quella vigorosamente si consolida e ringiovanisce sempre, scrutando alla luce della fede ogni verità racchiusa nel mistero di Cristo» (DV n. 24).
Il sapere teologico è lo sforzo umano di capire e approfondire scientificamente il contenuto della Rivelazione accolto nella fede.
La teologia è la scienza della fede, perché ha nella fede:
- principi propri,
- contenuti propri,
- la luce propria, che illumina e rende possibile l'approfondimento razionale.
Il dinamismo interiore del sapere teologico fu espresso da Sant'Agostino con la celebre formula «credo per comprendere e comprendo per meglio credere», nella quale si evidenzia che la fede è: la meta e la regola intrinseca della teologia.
La Rivelazione divina raggiunge il suo compimento in Cristo Gesù, che ordinò agli Apostoli di predicare a tutti il Vangelo, «come la fonte di ogni verità salutare e di ogni regola morale» (DV n. 7).
Gli apostoli «e gli uomini della loro cerchia» lo fecero sia oralmente che per iscritto (DV n. 7).
La Rivelazione viene trasmessa:
- attraverso la Sacra Scrittura,
- attraverso la Sacra Tradizione che ha origine in epoca apostolica.
Scrittura e Tradizione «sono strettamente tra loro congiunte e comunicanti. Poiché ambedue scaturiscono dalla stessa divina sorgente, esse formano in certo qual modo una sola cosa e tendono allo stesso fine… Perciò l'una e l'altra devono essere accettate con pari sentimento di pietà e riverenza» (DV n. 9).
La Tradizione, poi, è una realtà viva, che «progredisce nella Chiesa con l'assistenza dello Spirito Santo: cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro, sia con l'esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità» (DV n. 8).
Ciò significa che la Sacra Scrittura, scritta per ispirazione divina e consegnata alla Chiesa, va letta e capita sotto la guida della Tradizione, di cui la Chiesa è depositaria (1Pt 1,20-21).
La Sacra Scrittura senza la Tradizione è formalmente insufficiente, infatti questa garantisce il riconoscimento del canone delle Scritture e la loro corretta interpretazione. Entrambe sono legate in modo tale da non poter indipendentemente sussistere (DV n. 10; CCC n. 74-83).

9.2. Il magistero della Chiesa

Cristo ha promesso l'assistenza dello Spirito Santo affinché la Chiesa conservi intatto il deposito della divina Rivelazione credendo e insegnando.
L'ufficio di interpretare autenticamente e di custodire la parola di Dio è stato affidato al magistero della Chiesa. Esso non è al di sopra della parola di Dio, «ma la serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso» (DV n. 10).
Il Concilio Vaticano II ha sottolineato l'intimo legame tra Scrittura, Tradizione e Magistero. «La Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti che non possono indipendentemente sussistere, e che tutti insieme, ciascuno secondo il proprio modo, sotto l'azione di un solo Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime» (DV n. 10).
L'ufficio di insegnare in materia di fede e morale spetta al Papa e ai Vescovi in comunione con lui. Essi «devono essere da tutti ascoltati con venerazione quali testimoni della divina e cattolica verità» (LG n. 25, 1), anche quando non intendono definire dogmaticamente una dottrina (CIC, can. 752).
Gli insegnamenti del magistero vincolano la fede del credente quando questi impegna il carisma dell'infallibilità. Di tale carisma godono gli atti del magistero solenne e quelli del magistero ordinario universale.
Sono atti del magistero solenne:
- le definizioni «ex cathedra» del Romano Pontefice,
- le definizioni del Collegio Episcopale con il Romano Pontefice e da lui approvate (per esempio, in un Concilio Ecumenico) (LG n. 25,3).
Si ha invece un insegnamento infallibile del magistero ordinario e universale quando i singoli Vescovi, «anche dispersi per il mondo, ma conservanti il vincolo della comunione tra di loro e col Successore di Pietro, nel loro insegnamento autentico circa materie di fede e di morale si accordano su una dottrina da ritenersi come definitiva» (LG n. 25,2).
Circa il valore del magistero, si deve tenere presente:
- la natura dell'atto magisteriale,
- il diverso grado o qualifica delle dottrine insegnate,
- il tipo di adesione richiesto.

10. Divisione della teologia morale

Prescindendo dai contenuti, credo che si possa ancora mantenere la divisione generale e tradizionale, cioè: teologia morale fondamentale e teologia morale speciale.
Il contenuto e l'esposizione saranno però diversi da quelli dei manuali, in quanto si tenta di seguire la metodologia voluta dal Vaticano II, che prescrive un più vivo contatto della teologia morale col mistero del Cristo.
In questo corso si tratterà solo della teologia morale fondamentale, che è la parte decisiva per tutta la vita morale.
Divideremo il trattato nelle seguenti parti:
- I fondamenti biblici della teologia morale,
- Natura e fondamento dell'esigenza morale;
- La coscienza e la percezione della sua esigenza morale;
- Gli elementi generali dell'azione morale;
- Il problema del peccato.

[1] Cf S. Th., I-II, q. 6, prol.

Nessun commento:

Posta un commento