6. Definizione di Morale
La teologia morale è una parte della teologia, la quale indaga sulle realtà di Dio svelate dalla Rivelazione.
La teologia riflette su Dio e di conseguenza sulle realtà create e rivelate.
La Rivelazione ha lo scopo di manifestare, in modo non definitivo, i misteri di Dio, con l’intento di arricchire le conoscenze umane. Essa è, però, soprattutto rivelazione di salvezza.
Dio, nella sua infinita bontà, decide, dopo il peccato di origine, di riprendere il discorso di comunione e concludere un’alleanza: vuole, cioè, far tornare l’uomo alla comunione con sé, vuole donargli la salvezza.
Ne segue che la Rivelazione è una chiamata che esige dall’uomo una risposta, che non è solo frutto dell’intelletto, ma coinvolgente anche l’agire.
La teologia, allora, non solo deve conoscere le verità rivelate, ma deve proporre un progetto di vita, che ogni uomo è libero di realizzare.
Elaborare detto progetto, secondo la volontà e il disegno di Dio, spetta alla teologia morale.
La teologia morale, dunque, indaga le verità di salvezza, elabora e propone un progetto di vita per ogni uomo.
Essa ricerca il modo in cui l’uomo deve progettare la sua esistenza alla luce della chiamata alla vita soprannaturale.
Indaga sui valori e le norme che la rivelazione suggerisce per l’agire umano.
Da quanto detto possiamo abbozzare una prima approssimativa definizione: la teologia morale è quella parte della teologia che elabora norme per il libero agire umano alla luce della rivelazione.
Ponendo, poi, al culmine della rivelazione Cristo, soggetto e oggetto di essa, la chiamata e la destinazione di ogni persona è per Cristo e in Cristo (Ef 1,4).
Cristo è il prototipo secondo il quale ogni persona è stata creata, è stata redenta e viene chiamata alla comunione di vita e di destino con Lui.
La TM, che vuole definirsi cristiana, deve fondarsi su Cristo e sui misteri della sua vita, soprattutto, sul mistero pasquale.
7. Natura e oggetto della teologia morale
La natura della teologia morale può essere spiegata e capita solo a partire dalla prassi cristiana.
Questa si definisce come: un evento storico che origina dalla storica autocomunicazione di Dio in Cristo e dalla libera collaborazione dell'uomo.
La teologia morale è, quindi, la comprensione scientifica e l'esposizione sistematica della vita dei seguaci di Cristo, vissuta all'interno della comunità ecclesiale.
Essa è, dunque, un sapere riflesso.
Una forma di riflessione, operata alla luce di Cristo, all'interno della Chiesa (VS n. 29), impostata scientificamente:
- sul Vangelo come dono e comandamento di vita nuova,
- sulla vita "secondo la verità nella carità" (Ef 4 15),
- sulla vita di santità della Chiesa, nella quale risplende la verità del bene portato sino alla sua perfezione» (VS n. 110).
Ne consegue che passiamo dare della teologia morale una ulteriore definizione: quella parte della teologia che ha come oggetto l'intelligenza della vita dei fedeli in Cristo.
Il Concilio Vaticano II, infatti, afferma che la teologia morale deve illustrare scientificamente:
- «l'altezza della vocazione dei fedeli in Cristo,
- il loro obbligo di apportare frutto nella carità per la vita del mondo» OT n. 16).
In altre parole la teologia morale intende portare «a consapevolezza riflessa la vita che nasce dal nostro essere in Cristo per mezzo dello Spirito, verificandola costantemente sul suo principio che è la Rivelazione, testimoniata dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione»[1].
La nascita e lo sviluppo della riflessione teologico‑morale risponde a istanze in parte comuni a tutta la teologia e in parte specifiche.
L'uomo, ogni uomo è stato creato con la capacità di accogliere la verità e di riflettere su ciò che è e ciò che fa.
Il credente, poi, ha in sé il «dinamismo proprio della fede» (DV n. 6). Questa, svelandogli la verità sul suo fine ultimo e la via per raggiungerla, chiede di essere capita e comunicata.
La riflessione teologico-morale serve quindi:
- a rafforzare la vita dei fedeli;
- a spingere la Chiesa all'attività apostolica;
- a risponde all'esigenza «della vita in Cristo di dirsi in un discorso umano coerente e riflesso»[2]
L'esistenza morale cristiana è evento che si realizza nella storia. L'agire morale cristiano, ma anche l'agire morale umano in generale, è la realtà che più di ogni altra è segnata dalla contingenza e dai cambiamenti storici, culturali, scientifici e tecnologici. Le azioni sono sempre singolari, ma le circostanze sono molteplici e variabili.
Dare unità alla molteplicità e alle variabili storiche spetta alla teologia morale, che si configura come un servizio ai fedeli per rendere attuale la cosmovisione evangelica.
8. Lo statuto scientifico della teologia morale
Il concetto di teologia morale come intelligenza della vita dei seguaci di Cristo, deve essere ulteriormente precisato.
E' necessario chiarire meglio la modalità specifica di intelligenza della vita cristiana che essa intende raggiungere.
La riflessione morale odierna tende a concepire la vita morale come un fatto: il fatto morale.
In questo contesto la teologia morale avrebbe il compito di spiegare il fatto morale, in modo analogo a come le scienze della natura spiegano i fatti naturali.
Per la maggioranza il fatto morale consiste nella coscienza che il soggetto deve avere dei valori e dell'obbligazione morale da essi derivata.
Ne consegue che: compito della teologia morale è quello di fondare l'obbligazione morale e di individuarne i principali contenuti.
La teologia morale si configura, allora, come un sapere sulle norme morali da osservare. Quindi come 'morale dell'obbligazione'.
Questa concezione della teologia morale si è sviluppata:
- con l'intendo di dialogare il più possibile con la mentalità scientifica moderna,
- con il desiderio di rendersi più facilmente comprensibile agli uomini del nostro tempo,
- con l'intendo di inculcare nella gente che la riflessione morale è un sapere normativo, e non una semplice descrizione dei comportamenti.
Il fatto, però, di prendere a modello le scienze della natura per la comprensione di qualsiasi sapere scientifico e a cui ogni scienza dovrebbe adeguarsi, porta la riflessione teologico-morale a comprendere la prassi morale con un metodo che ne stravolge la natura e la specificità.
La vita morale, infatti, non è una realtà che possa essere compresa dalla prospettiva di un osservatore esterno, perché questi tende a considerare e a valutare l'agire umano come azione di una terza persona.
Questo modo di elaborare la riflessione sull'agire umano viene definita come morale indagata dalla «prospettiva della terza persona».
L’approdo di questa metodologia è la morale dell'obbligazione, perché analizza la realtà umana dall'esterno, mentre invece l'azione umana nasce e acquista la sua moralità nel cuore dell'uomo (Mt 15,16-20).
Questa contraddizione origina notevoli equivoci già a livello di teoria dell'azione (VS n. 78).
Il problema morale, quindi, «prima che una domanda sulle regole da osservare, è una domanda di pienezza di significato per la vita» (VS n. 7).
La vita morale deve essere colta, appunto, come una condotta di vita, che va capita e valutata primariamente in riferimento al fine verso il quale il soggetto morale conduce se stesso, e, solo derivatamente, può fare riferimento a delle norme.La vita morale cristiana è l'attività con la quale il cristiano, sulla base della fede e delle altre virtù cristiane e umane, elabora un piano di vita, atto a determinare il modo e la misura secondo i quali devono essere cercati, usati o realizzati i diversi beni, per poter pervenire alla pienezza di senso.
Detto piano consente al fedele di individuare le azioni e i comportamenti che qui e ora realizzano concretamente la vita in Cristo.
La teologia morale coglie l’ordine immanente alla vita cristiana e lo porta alla consapevolezza riflessa e scientifica, esplicitandone i principi e la logica interna, verificandone la congruenza con la Rivelazione, favorendone la comunicabilità.
L'attenzione della riflessione teologico-morale si concentra, quindi, sul fine, che è il bene della vita umana presa come un tutto, e che il soggetto morale esibisce giorno per giorno attraverso comportamenti concreti.
La teologia morale assume, in questo modo, la prospettiva interiore del soggetto agente e autore della sua condotta.
Si pone, cioè, nella prospettiva della prima persona e del dinamismo intenzionale interno che informa le azioni umane.
In questo corso cercherò di elaborare un sapere teologico della vita morale cristiana seguendo l'impostazione della prima persona.
Assumo questa visione per due ragioni fondamentali:
- perché ritengo che è più idonea per capire ed esprimere la moralità come fenomeno umano,
- perché ritengo che sia anche più idonea per comprendere ed esporre scientificamente la morale cristiana a partire dalla Rivelazione.
Da quanto detto si può dedurre che la teologia morale è una «scienza operativa»,[1] una scienza pratica o almeno un sapere che possiede alcune delle caratteristiche metodologiche delle scienze pratiche.
Sorge, allora, il problema: come una scienza pratica può far parte della teologia, tradizionalmente considerata come una scienza speculativa?
La risposta chiarisce che la teologia morale:
- è un sapere morale che riguarda «il bene e il male degli atti umani e della persona che li compie, e in tal senso è aperta a tutti gli uomini»,
- è teologia, scienza su Dio, «in quanto riconosce il principio e il fine dell'agire morale in Colui che "solo è buono" e che, donandosi all'uomo in Cristo, gli offre la beatitudine della vita divina» (VS n. 29).
[1] Cf S. Th., I-II, q. 6, prol.
[1] CAFFARRA C., Op. cit., 72.
[2] Ibiem, 73.
domenica 13 dicembre 2009
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